Quando un brevetto può essere considerato certamente valido e come tale inattaccabile?
A ben riflettere, si tratta di una questione tutt’altro che trascurabile o di scarsa importanza.
Accade alcune volte che l’inventore anche titolare del brevetto o comunque il titolare persona fisica considera il brevetto ottenuto per la sua creazione tecnologica come intangibile e sicuramente valido sol perché (così mi sento rispondere) è stato concesso dall’UIBM!
Peraltro, è da ammettere che sono casi isolati poiché a differenza dell’inventore “fai da te”, la maggioranza dei brevetti è detenuta da società che si affidano ad uffici di Consulenza brevettuale che rendono edotto il titolare del fatto che l’agognato rilascio del brevetto è solo il primo passo nella vita di questo bene immateriale, di rilevante valore economico per l’impresa.
In proposito si ricorda che mentre, come è ben noto, il brevetto italiano viene concesso senza alcun esame preventivo, il brevetto europeo viene rilasciato dopo un esame del merito tecnologico e che avverso la decisione di rilascio può essere interposta opposizione ai sensi dell’art. 99 CBE.
Quindi, si potrebbe pensare (e molti titolari del brevetto lo pensano) che detto brevetto, avendo superato diversi ostacoli (non dimentichiamoci che fra il richiedente e l’esaminatore europeo si instaura un contraddittorio, spesso serrato) ed eventuali opposizioni in più gradi, a questo punto, sia sicuramente valido e pressoché inattaccabile.
E invece non è così: gli ultimi arbitri dei brevetti europei sono i relativi giudici nazionali che con l’ausilio dei CTU statuiscono se un brevetto, ancorché confermato in tutte le istanze dall’UEB, sia da ritenere valido o nullo, in quanto carente di uno o più dei requisiti previsti dalla legge nazionale.
Ed invero, le decisioni di nullità brevettuale fanno stato erga omnes, laddove le decisioni di validità hanno invece valore solo fra le parti in causa e possono tutt’al più essere considerate un precedente giurisprudenziale, ma, in punto, è bene ricordare il vecchio brocardo latino: tot capita, tot sententiae.
Mentre sulla novità estrinseca (art. 46 c.p.i.), sarebbe sufficiente un unico documento per inficiare la validità del brevetto posteriore e non vi dovrebbero essere situazioni di incertezza, per quanto riguarda l’altezza inventiva (art. 48 c.p.i.) o non ovvietà (o come si diceva una volta, novità intrinseca) c’è sempre da sbizzarrirsi.
Infatti, il requisito dell’altezza inventiva è spesso considerato come una fisarmonica che si alza o si abbassa a seconda della persona che deve interpretare il brevetto oggetto di causa, sia esso Consulente tecnico o giudice e non è infrequente il caso in cui un brevetto, pur essendo stato dichiarato valido in cause consimili, da CTU e da collegi giudicanti (di primo e di secondo grado), sia poi improvvisamente dichiarato nullo perché l’ultimo (in ordine di tempo) dei presunti contraffattori o dei concorrenti interessati ad eliminare detto “fastidioso” monopolio, scova da qualche parte un ulteriore brevetto anteriore o un qualsiasi altro documento concernente lo stato della tecnica, che possa indurre il CTU e/o il giudicante della nuova causa ad invalidare detta privativa che aveva resistito imperitura ai precedenti attacchi.
Dunque non v’è chi non veda che, la vita di un brevetto non è mai tranquilla e più l’invenzione o il trovato sono importanti, più tentativi di imitazione o di sfruttamento abusivo si avranno, più attacchi dovrà subire detta privativa, italiana od europea che sia.
E’ peraltro importante sottolineare che, il titolo brevettuale gode della presunzione di validità juris tantum ex art. 121 c.p.i. e che l’azione di nullità è imprescrittibile anche in materia di privative industriali.
Tuttavia anche solo una sentenza di primo grado, seppur non passata in giudicato, che dovesse attestare la nullità del brevetto, ne può minare fortemente la valenza.
Queste mie brevi considerazioni non sono un mero divertissement, ma auspico possano servire di sprone ai Consulenti brevettuali affinché redigano con sempre maggior accuratezza le domande brevettuali, previa approfondita ricerca di anteriorità (anche per evitare di intervenire sulle rivendicazioni in corso di causa), proprio per costituire una solida corazza intorno all’invenzione da proteggere dai futuri attacchi di concorrenti o di contraffattori in via riconvenzionale.
In conclusione, è appena il caso di rilevare che ogni decisione favorevole al brevetto ne costituisce, in sostanza, un ulteriore scudo protettivo.
Quindi, l’introduzione delle Sezioni Specializzate e l’avvento del nuovo codice della proprietà industriale, avendo accorciato sensibilmente i tempi della giustizia, hanno aumentato lo spazio temporale di certezza del diritto considerata la sua durata ventennale.
Quante CTU sono necessarie prima di poter stabilire che un brevetto è certamente valido?
A ben vedere, ogni volta che si inizia un’azione di contraffazione, la controparte si difende attaccando in nullità il brevetto azionato. Ed ogni volta il giudice ammette una nuova CTU; poiché quasi mai, salvo rarissimi casi, il giudicante accetta per buoni i risultati ottenuti in un’altra CTU svoltasi in un altro processo, seppur avente ad oggetto il medesimo brevetto.
Ovviamente il presunto contraffattore ha tutto l’interesse, se le altre CTU non hanno ritenuto che il brevetto fosse nullo, a richiedere una nuova consulenza, seppur con dispendio di tempo e di denaro.
Avv. Prof. Lamberto Liuzzo