Sulla scia delle pronunce del 2010 (una tra tutte, Google France e Google) l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia Europea, Niilo Jaaskinen, torna ad affrontare, nelle conclusioni presentate il 24 marzo 2011, l’argomento dell’<<uso>>, da parte di terzi, di segni identici a marchi di proprietà altrui come parole chiave in Internet.
L’AG si è pronunciato nel procedimento C323/09 (Interflora Inc., Interflora British Unit contro Marks& Spencer plcFlowers Direct Online Limited) avviato a seguito di un rinvio della corte inglese competente volto ad ottenere la risposta alla domanda se Marks&Spencer potesse riservarsi la parola INTERFLORA come parola chiave del servizio di posizionamento “Adwords” offerto da Google. Quello che il titolare del marchio contesta è che, per effetto del servizio acquistato, compaia quale link sponsorizzato quello che rinvia al servizio di consegne a domicilio concorrente di Marks&Spencer.
Secondo Interflora, tale condotta dovrebbe essere vietata in considerazione del principio affermato dall’art. 5 n. 2 della Direttiva 89/104, in quanto comporterebbe il rischio di diluizione del marchio, che acquisterebbe, in virtù dell’uso improprio nel sistema Adwords, un significato generico, riferito, cioè, a qualsiasi fiorista che offra servizi di consegna a domicilio. In quest’ottica sarebbe irrilevante la circostanza che il link e il sito di Marks&Spencer non contengano in alcun modo il marchio INTERFLORA o riferimenti ad esso.
Secondo l’Avvocato Generale, tale pregiudizio al carattere distintivo di un marchio con caratteristiche di notorietà potrebbe ravvisarsi solo in presenza di queste condizioni: 1) il segno è menzionato e/o visualizzato nell’annuncio pubblicitario presente nel link sponsorizzato; 2) il messaggio o la comunicazione commerciale contenuta nel messaggio pubblicitario utilizza il segno in senso generico per riferirsi ad una categoria di prodotti o servizi, senza distinguere le diverse provenienze; 3) l’inserzionista tenta di giovarsi del potere attrattivo del marchio, della sua reputazione e del suo prestigio, e di sfruttare cosi lo sforzo commerciale compiuto dal suo titolare per creare e mantenere l’immagine del marchio stesso.
Tuttavia, proprio alla luce delle caratteristiche del messaggio di Marks&Spencer, secondo l’AG la scelta della parola chiave INTERFLORA nella pubblicità del motore di ricerca implica solamente un messaggio commerciale che si propone come valida alternativa alla società leader nel settore, Interflora appunto, senza violare il marchio del concorrente.
Come spesso accade, in Internet le bussole del diritto subiscono inversioni dei poli: sembrerebbe infatti che proprio l’atto di digitare un marchio in un motore di ricerca rappresenti l’estrinsecazione massima della funzione distintiva del marchio stesso (ossia il consumatore lo usa proprio per trovare quel prodotto o servizio che ne sia contraddistinto). E invece per l’AG, anche se la ricerca non restituisca i risultati attesi ma anzi inviti all’acquisto di prodotti concorrenti, nessun problema. E’ solo normale concorrenza. Ancora una volta quel che non sarebbe concesso per la strada (mettere un’insegna Interflora che però conduce ad un fiorista del tutto diverso), potrebbe essere lecito in Internet. Forse.
Avv. Massimo Maggiore
Studio Legale Maschietto Maggiore