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VACCINI E BREVETTI

Position Paper del Gruppo italiano di AIPPI

Il Gruppo italiano di AIPPI ritiene doveroso intervenire nel dibattito in corso sull’opportunità di sospendere i brevetti sui vaccini, per fare anzitutto chiarezza sulla reale portata dei brevetti e sul ruolo decisivo che essi svolgono per incentivare l’innovazione (di cui in questo momento c’è più che mai bisogno, anche per fronteggiare le nuove varianti del Covid-19) e per garantire la qualità e la sicurezza dei vaccini, come di ogni altro farmaco, contribuendo dunque anche a raggiungere con più rapidità ed efficacia l’obiettivo di contenere la pandemia, che è indispensabile e prioritario e che non deve lasciare fuori l’Africa o le aree più povere dell’Asia e del Centro e Sud America, che non possono e non devono essere abbandonate a se stesse, anche perché ciò significherebbe innescare una bomba ad orologeria con effetti potenzialmente devastanti per tutto il mondo e alle quali già si sono infatti indirizzati il progetto COVAX dell’OMS e quello concordato nell’ambito del programma Quad tra Stati Uniti, Giappone, India e Australia.

Si deve infatti al sistema dei brevetti se i vaccini ci sono e sono arrivati molto prima (e più numerosi) di quanto si prevedesse: un risultato niente affatto scontato, che è stato raggiunto proprio perché i vaccini hanno potuto poggiare su ricerche e brevetti, in gran parte anteriori alla crisi, rivelatisi utili per questa sfida. É stato cioè l’ambiente competitivo creato dai brevetti, e quindi dalla possibilità di trarre profitto dalle proprie ricerche, che ha consentito all’industria privata, dove risiede il know how produttivo, di trasformare a tempi di record le ricerche in prodotti validati e disponibili; e sono sempre i brevetti che consentono di allargare, tramite il licensing, la base produttiva, sotto il controllo del titolare dei diritti e quindi in condizioni di sicurezza. Ciò in effetti è già avvenuto e verosimilmente avverrà ancora: basti pensare alla licenza concessa da Astra Zeneca al principale produttore indiano o a quelle che Moderna si è già detta disposta a rilasciare. Paradossalmente, come già è stato notato, proprio l’annuncio della possibile sospensione dei brevetti ha rallentato questo processo, perché non si prende in licenza un brevetto, se si pensa che lo si potrà avere gratis tra pochi mesi, e non si concedono licenze e soprattutto non si fanno nuove ricerche, senza sapere se gli eventuali risultati di esse saranno o meno ricompensati. Sono perciò ancora i brevetti che possono consentire di rendere più rapida la diffusione dei vaccini, il che richiede proprio di ricorrere a strumenti di mercato, non a espropri.

I diritti della proprietà intellettuale, e in particolare i brevetti, servono infatti a tre cose importantissime. Anzitutto essi servono a ricompensare gli innovatori che si assumono il rischio del successo o dell’insuccesso delle loro ricerche (che non è mai garantito a priori: le ricerche sulle cure contro il morbo di Alzheimer sono costate all’industria somme immense e non hanno portato a nessun farmaco utilizzabile) e degli investimenti necessari per consentirne e realizzarne la produzione industriale, incentivandone e accelerandole l’effettuazione. In secondo luogo, i brevetti servono a rendere negoziabili questi risultati, appunto attraverso la concessione di licenze o la cessione a soggetti in grado di sfruttarli più efficacemente e più rapidamente, abbattendo i costi e assicurandone la massima diffusione. Da ultimo (ma in realtà prima ancora), essi servono a mettere in circolo le nuove conoscenze sulla base delle quali le invenzioni sono realizzate e possono essere attuate, che il titolare, proprio attraverso la brevettazione, è obbligato a mettere a disposizione del pubblico, mettendo tutti in grado di studiarli e così anche di perfezionarli e migliorarli e anche di elaborare soluzioni alternative. E questo senza i brevetti sarebbe impossibile, perché in tal caso ogni innovatore terrebbe segrete le proprie informazioni senza condividerle, dato che questo sarebbe l’unico sistema per proteggerle, con un drammatico impoverimento del sapere scientifico e un forte rallentamento del progresso tecnico.

Proprio nella prospettiva, che nel nostro Paese ha anche rilievo costituzionale, della miglior tutela del diritto alla salute, allora, espropri, abolizione o sospensione dei brevetti non sono scorciatoie: sono strade senza uscita. Occorre invece lavorare insieme e non contro gli innovatori per aumentare stabilmente la capacità produttiva dei vaccini a livello mondiale, incoraggiandoli attraverso la remunerazione che le esclusive assicurano loro, identificando nuovi siti produttivi (e in Italia ci sono) e affrontando con loro i processi di validazione dei possibili impianti, indispensabili per garantire la sicurezza dei prodotti. Senza la proprietà intellettuale si scatenerebbe infatti una “guerra al ribasso”, in cui vince non il migliore, ma chi ha le protezioni politiche per operare senza responsabilità in caso di fallimenti, come già sta accadendo in alcuni Paesi retti da governi autoritari, con risultati non certo tranquillizzanti.

Il Gruppo italiano di AIPPI sostiene pertanto con convinzione la posizione espressa con grande equilibrio dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, secondo cui “la deroga alla proprietà intellettuale non risolverà i problemi, non ci porterà una singola dose. Ciò che è necessario nel breve e medio termine è la condivisione dei vaccini, l’export delle dosi che vengono prodotte e l’investimento nell’aumento della produzione”.

Il Gruppo italiano di AIPPI è pronto a fare la sua parte, mettendo a disposizione delle Autorità le proprie competenze, affinché le decisioni politiche su questo tema decisivo siano assunte sulla base dell’attenta ponderazione di tutti gli aspetti, tecnici e giuridici, coinvolti nella questione.

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A questo link, la posizione espressa da AIPPI International